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Didattica a distanza: cosa ne pensano gli studenti?

In questi ultimi mesi tanto si è parlato di scuola e di didattica a distanza nel dibattito pubblico. L’opinione e il vissuto dei protagonisti, gli studenti, non ha trovato però lo spazio adeguato all’interno dei media e degli organi preposti.

Il Rosmini International Campus si è interrogato, e continua a farlo, su come i nostri alunni stanno vivendo l’attuale situazione scolastica, sia cercando quanto più possibile di venire incontro alle loro esigenze, sia mediante incontri con esperti per dare a genitori e docenti utili strumenti per affrontare questo contesto.

La voce degli studenti, il loro pensiero e il loro vissuto sono per noi importanti. Per questo abbiamo chiesto la loro testimonianza. Riportiamo il pensiero di due studentesse della IV Liceo Scienze Umane.

 

Alice Sellini

Il 2020 è stato un anno particolare, in cui molte vite sono andate in frantumi e la speranza è andata via via scomparendo. Principale causa di questa disperazione è stata sicuramente il Coronavirus.
Nessuno si sarebbe mai aspettato qualcosa di simile: al telegiornale si sente quotidianamente parlare di centinaia di vittime, di impiegati rimasti al verde, di medici esausti dalla mole di lavoro e di ospedali che non dispongono dello spazio necessario per accogliere i nuovi malati colpiti da questo virus nemico.
È colpa della sorte? È una disgrazia? O forse è stato tutto progettato? È possibile temere di morire a causa di un’apparente influenza?
Io sono profondamente spaventata da questa situazione, ma cerco di trarne aspetti positivi: durante il primo lockdown, quando ancora non ero abituata all’idea di trascorrere le mie giornate in casa, ero arrabbiata e innervosita, pensavo continuamente che non fosse giusto privare noi esseri umani, e specialmente noi giovani, di fare una passeggiata in un parco, di poter stare con i propri amici o anche solo di poter pranzare in famiglia. Soffrivo d’ansia, ma solo quando credevo di stare impazzendo ho deciso che era ora di riconoscere il mio valore e attribuirne uno anche alla mia vita. Cosi iniziai a praticare sport in casa e attività che potessero in qualche modo distrarmi.
La scuola all’epoca era impreparata sulla didattica a distanza, ma riuscì comunque ad organizzarsi con noi studenti, proponendoci videolezioni e assegnandoci compiti esaurienti.
Arrivata l’estate ero in preda alla felicità: finalmente ero libera e pensavo non ci sarebbero più stati problemi, invece ora ci ritroviamo in un secondo lockdown, per fortuna non generalizzato e non drastico come il primo. Sicuramente, a differenza di quasi un anno, gli esperti sono più consapevoli di come far fronte a una situazione di questo tipo.
La mia scuola, infatti, si è armata di tanto impegno per garantire un insegnamento a distanza efficace ma allo stesso tempo sereno. Nonostante molti professori e compagni avrebbero desiderato la didattica in presenza al 100%, l’unico giorno in cui possiamo frequentare l’istituto scolastico è il martedì, in quanto abbiamo la fortuna di seguire i laboratori di psicologia, italiano, matematica, scienze e teatro. Il resto della didattica si svolge a casa.
Una cosa è certa: è alquanto noioso e controproducente rimanere per sei ore davanti ad uno schermo in assenza dei compagni e, pertanto, di relazioni sociali concrete e dirette. Per non parlare poi degli inconvenienti che si presentano durante le videolezioni: alcuni hanno la connessione scarsa, altri si dimenticano l’orario di inizio ed arrivano in ritardo, altri ancora non hanno il microfono funzionante o non hanno gli strumenti tecnologici adatti. È quindi evidente la difficoltà. D’altro canto la scuola sta venendo in contro a noi studenti, dal momento che i professori ci hanno concesso delle ore settimanali asincrone, durante le quali dobbiamo svolgere dei compiti sulla base della spiegazione della lezione precedente ma possiamo anche permetterci delle pause; di solito io ed alcune mie compagne di classe sfruttiamo questi momenti come lezioni collettive nelle quali lavoriamo insieme in videochiamata per ripassare o svolgere dei compiti di gruppo. Inoltre i professori non si limitano alla semplice lezione frontale, ma realizzano presentazioni, video e testi in grado di catturare l’attenzione e di semplificare l’apprendimento.
Immagino quanto sia difficile e strano anche per loro svolgere le lezioni in modalità mai provate fino ad ora.
Ad ogni modo, ad essere sincera, non mi ritengo a tutti gli effetti contro questo modo di fare scuola; infatti, se nel primo lockdown ero impreparata e titubante sulla didattica a distanza, ora sono maggiormente organizzata e consapevole di quanto sia importante non abbattersi, nonostante un ambiente non scolastico può essere causa di disattenzione e di mancanza di interesse. Anzi, a parer mio funge da incentivo per lavorare su se stessi e provare a migliorarsi sperimentando il nostro adattamento in nuovi contesti. Tutti coloro che vedono la didattica a distanza come un ostacolo dovrebbero quindi pensare che essa abbia in realtà dei lati positivi, ad esempio permette di guadagnare tempo, di organizzarsi lo studio, di rilassarsi, di avere più libertà e di lavorare autonomamente.
Tuttavia non abbiamo colpa di tutto ciò, quindi non ci rimane altro che adeguarci alle regole e interpretare la situazione come esperienza quotidiana, sperando che questa grande sofferenza di declinerà al più presto.

 

Ilaria Quarta

L’esordio dell’anno scolastico 2020/2021 aveva gonfiato i cuori di noi studenti di speranza. Finalmente, dopo sette mesi di esilio forzato dai nostri istituti, abbiamo potuto rincasare in quella dimora che, nel bene e nel male, è stata per noi una seconda casa.
Ritrovare quei volti che avevano costellato le nostre giornate negli anni precedenti è stato un tuffo al cuore, un rimando a una normalità ormai perduta. A riportarci al presente ci pensa, però, la vista di quelle armature azzurre che ognuno di noi indossa per difendersi da un nemico invisibile. Ma questi scudi di carta non ci hanno protetti a lungo e dopo poco meno di due mesi ci siamo trovati costretti nuovamente a essere strappati dalla nostra normalità.
Ormai da un mese a questa parte è ricominciata la didattica a distanza che prontamente è stata organizzata dal corpo docenti del nostro istituto: il Rosmini International Campus.
Ritornare a vivere quei momenti, che sembravano ormai passati, è stato ostico, ma allo stesso tempo normale. Vivere la vita e le relazioni attraverso uno schermo era diventato un fare così quotidiano durante la quarantena, che ormai nel cuore di noi ragazzi questa impronta è rimasta indelebile e, ogni qualvolta si ripresenta un momento analogo, tutto sembra un brutto déjà-vu.
Il programma della didattica a distanza che ci è stato proposto è organizzato in modo tale da non spezzare la nostra quotidianità e allo stesso permette di rispettare i bisogni di noi alunni. Le giornate scolastiche si articolano in sette ore giornaliere in cui abbiamo modo di incontrarci e assistere alle spiegazioni dei docenti, ma la novità inserita nella programmazione dell’orario è la presenza delle ore asincrone, le quali permettono di scollegarci dai dispositivi elettronici e lavorare in modo personale sulle materie. Inoltre, un anello di congiunzione che permette di non troncare nettamente il bisogno di presenza che ognuno di noi anela, sono le ore di laboratorio del martedì. Ogni martedì, infatti, si svolgono cinque ore a scuola in presenza, che rappresentano un ritorno alle origini che tendiamo a rammentare con nostalgia.
In conclusione, in questo spaccato storico abbiamo visto intere istituzioni piegarsi di fronte al nemico invisibile e tra queste vi figura anche la scuola. Studenti e insegnanti, però, si sono presi per mano e insieme stanno lottando per un futuro migliore che pone le basi sull’educazione e l’istruzione.